DECRETO “DIGNITA’”: LIMITI AL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO E AUMENTO DELLE INDENNITA’ RISARCITORIE IN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO

Il testo del decreto avente ad oggetto “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” prevede significative modifiche, mirate a porre evidenti limitazioni all’attuale disciplina in materia di contratti a tempo determinato, tanto che il Titolo I del provvedimento è infatti rubricato “Misure per il contrasto al precariato”. Per valutare con attenzione le modifiche apportate, è necessario che il testo sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale; tuttavia, proprio perché l’impatto di tali novità incide in modo importante in termini di gestione ed organizzazione delle risorse da impiegare da parte delle aziende che utilizzano tale strumento, si ritiene opportuno anticiparne il contenuto èer poterne prevedere gli effetti. L’intervento, come si è detto, è indubbiamente mirato a ridurre l’utilizzo del contratto a termine, posto che da una prima lettura della bozza di decreto – che pare però essere stata già approvata ieri dal Consiglio dei Ministri – la durata di un contratto a tempo determinato acausale (quindi stipulato senza una specifica motivazione, come oggi sempre accade), si riduce da 36 mesi a soli 12 mesi. La durata massima invece, non potrà più essere pari a 36 mesi, ma solo a 24 mesi. Il rinnovo di un contratto che eccede dunque i 12 mesi, è però soggetto ad uno di questi vincoli, che si rivelano decisamente di grande impatto operativo:
– presenza di esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro; – esigenze sostitutive; – attività stagionali e picchi di attività; – esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
In buona sostanza, pare che l’attuale norma ritorni alle vecchie regole già previste dalla legge 230/1962, norma che – si ricorda – era estremamente rigida in materia di possibilità di stipula di contratti a termine; successivamente era stata sostituita dalla più snella ed efficace attuale disciplina, con un passaggio intermedio contenuto nell’allora decreto Fornero. Va altresì evidenziato che il rinnovo di un contratto a termine, oltre a comportare il contributo aggiuntivo già in vigore per un normale contratto di questa natura pari ad 1,40%, prevede altresì un’ulteriore contribuzione pari a 0,50%, elevando l’onere complessivo aggiuntivo all’1,90%. Le nuove disposizioni trovano applicazione – ai contratti di lavoro a tempo determinato di nuova sottoscrizione, – ma anche nei casi di nuovo rinnovo di contratti a termine in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, (cioè dal giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).
Per quanto riguarda invece le indennità risarcitorie legate ad un licenzimento rivelatosi poi illegittimo, lo stesso decreto ne innalza l’entità massima da 24 a 36 mensilità, aggravandone dunque ulteriormente gli effetti negativi in capo al datore di lavoro.
Attenzione, preme ribadire che tutto quanto sopra esposto è oggetto di valutazione di un provvedimento in itinere, che alla data odierna non produce alcuna efficacia.
Si fa riserva di ulteriori istruzioni non appena la norma entrerà in vigore.

STOP AI PAGAMENTI IN CONTANTI DELLA RETRIBUZIONE

Pare opportuno ricordare che, in conformità a quanto previsto dall’articolo 1, commi da 910 a 914 della legge 206/2017 (legge di Bilancio 2018), a partire dal prossimo 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti non possono più corrispondere retribuzioni e compensi a lavoratori dipendenti o cococo – compresi eventuali anticipazioni ed acconti – senza che sia possibile tracciare il denaro erogato.
Ciò significa che le somme devono essere corrisposte solo con:
– bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; – strumenti di pagamento elettronico; – pagamento in contanti presso uno sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; – consegna di un assegno direttamente al lavoratore, o in caso di suo dimostrato impedimento, ad un suo delegato.
Sono esclusi dalla disciplina i datori di lavoro domestico e la Pubblica Amministrazione.
Attenzione: la violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa da 1.000,00 a 5.000,00 euro e va considerato a questo proposito, che la firma apposta sulla busta paga non costituisce la prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione, ovvero di suoi acconti.
L’attestazione di saldo di quanto dovuto al lavoratore ovvero al cococo, deve dunque essere provata solo ed esclusivamente da documenti prodotti con una delle modalità di pagamento sopra indicate.

TIROCINI EXTRACURRICULARI ED ATTIVITA’ ISPETTIVA

Con circolare n. 8/2018 l’’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito importanti istruzioni operative al personale ispettivo, in merito alla valutazione dei tirocini formativi e di orientamento; sono quindi oggetto del programma di intervento unicamente i tirocini c.d. extracurriculari (cioè quelli diversi dai tirocini legati ai percorsi scolastici, da quelli legati a periodi di praticantato gestito da ordini professionali, dai i tirocini transnazionali ovvero da quelli rivolti ai soggetti non comunitari, promossi all’’interno delle quote di ingresso).
L’’attività di vigilanza sarà finalizzata a verificare la genuinità di questi rapporti formativi, valutando dunque le modalità di svolgimento del tirocinio per poter confermare che si tratta di attività funzionale all’’apprendimento e non alla mera esecuzione di un’’attività lavorativa.
Gli elementi che possono essere oggetto di violazione riguardano tirocini formativi che presentano essenzialmente questi aspetti:
– attività lavorative a basso con contenuto professionale, che si sostanziano in azioni ripetitive e del tutto elementari,
– tirocinanti che non rientrano nelle specifiche ipotesi previsti dalle norme regionali (o provinciali per le province autonome di Trento e Bolzano),
– periodi di durata inferiore a quella minima prevista,
– soggetti promotori che non possiedono i requisiti di legge, ovvero mancanza di specifica convenzione,
– assenza del piano formativo,
– attivazione di percorso per sopperire ad esigenze organizzative del soggetto ospitante,
– tirocinio attivato con ex dipendente o cococo, con rapporto conclusosi negli ultimi due anni, ovvero con soggetto che abbia già avuto precedenti rapporti di tirocinio,
– mancato rispetto delle limitazioni numeriche,
– impiego del tirocinante in modo continuo e sistematico, per orari eccedenti rispetto a quelli previsti nel piano formativo,
– mancato rispetto del piano formativo e corresponsione sistematica di ulteriori somme di denaro, rispetto a quanto previsto nel piano formativo.
Questi dunque, gli elementi che in modo prioritario saranno oggetto di valutazione, per escludere la natura di rapporto di lavoro subordinato, in presenza di un percorso di tirocinio.
Per quanto riguarda l’’apparato sanzionatorio attivato in caso di riscontrate irregolarità, si prevede l’’intimazione alla cessazione del tirocinio, l’’interdizione per il soggetto promotore e ospitante ad attivarne altri nei successivi 12/18 mesi, a cui saranno aggiunte le sanzioni amministrative legate alle diverse violazioni riscontrate.

ASSUNZIONE NEET: LE ISTRUZIONI INPS PER IL RICONOSCIMENTO DELL’AGEVOLAZIONE

Con circolare INPS n. 48 del 19 marzo scorso, l’Istituto ha fornito le istruzioni operative per attivare l’agevolazione a favore del datore di lavoro, prevista con il decreto direttoriale n. 3 del 2 gennaio 2018.
La norma è stata emanata al fine di migliorare i livelli occupazionali dei giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni, che non siano impegnati in un ciclo di studi o di formazione o in un percorso di lavoro (c.d. Neet) e che siano registrati al Programma Garanzia Giovani.
La misura dell’incentivo
L’incentivo riconosciuto è pari alla contribuzione INPS a carico del datore di lavoro per un importo massimo di 8.060,00 euro su base annua fruibile, a pena di decadenza, entro il termine del 29 febbraio 2020. La soglia massima di esonero mensile è dunque pari a 671,66 euro (€ 8.060,00/12), riproporzionata in presenza di rapporti di lavoro a tempo parziale.
E’ opportuno precisare che tale incentivo non concorre alla riduzione del premio INAIL, che va dunque versato nell’intera misura dovuta.
Datori di lavoro interessati
L’incentivo è riconosciuto a tutti i datori di lavoro del settore privato, anche non imprenditori (quindi la norma è estesa anche ai lavoratori autonomi/liberi professionisti) che assumano in modo volontario, quindi senza ottemperare ad un obbligo di legge o di contratto. L’agevolazione non è estesa alle aziende che abbiano sede di lavoro in provincia Autonoma di Bolzano.
Lavoratori agevolabili
Come già detto, l’incentivo spetta per l’assunzione di giovani che si registrano in “Programma Garanzia Giovani”. Sono dunque i giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni cosiddetti NEET (Not engaged in Education, Employment or Training). Qualora non abbiano compiuto 18 anni di età, è necessario che abbiano assolto al diritto dovere all’istruzione e formazione.
I rapporti incentivati
L’incentivo spetta per le assunzioni effettuate tra il 1° gennaio 2018 ed il 31 dicembre 2018 che abbiano queste caratteristiche:
* con contratto a tempo indeterminato, anche se in somministrazione, ovvero
* con contratto di apprendistato professionalizzante ed in questa ipotesi spetta per l’intera durata del periodo di formazione, ovvero
* con contratto di lavoro subordinato instaurato in attuazione del vincolo associativo con una cooperativa di lavoro.
Il beneficio è ammesso anche in caso di assunzione a tempo parziale.
Le esclusioni
L’agevolazione in argomento non spetta, invece, nelle seguenti ipotesi:
* contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;
* contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca;
* contratto di lavoro domestico;
* contratto di lavoro intermittente;
* stabilizzazione di contratti a termine (in questa ipotesi infatti, all’atto della trasformazione il lavoratore non è in possesso dei requisiti previsti poiché in qualità di lavoratore occupato – ancorché a termine – non riveste natura di NEET).
I limiti
L’incentivo può essere riconosciuto per un solo rapporto di lavoro in capo allo stesso lavoratore. Inoltre è soggetto alla disciplina del de minimis, che può essere superata solo in presenza di assunzione che determina un incremento occupazionale netto; per le assunzioni di soggetti di età compresa tra i 25 ed i 29 anni, oltre all’incremento occupazionale è necessario che il soggetto rispetti uno dei seguenti requisiti:
* sia privo di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, o
* non sia in possesso di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o di una qualifica o di un diploma di istruzione e formazione professionale, o
* abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non abbia ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito, o
* sia assunto in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato.
Alcune considerazioni
La concessione dell’incentivo è legata alla disponibilità delle risorse stanziate, pertanto prima di effettuare l’assunzione è previsto un iter specifico mirato a “prenotare” le stesse sul portale gestito dall’INPS. L’istanza di prenotazione rifiutata per mancanza di fondi rimane valida per i successivi trenta giorni, mantenendo così la priorità acquisita dalla data della prenotazione. Se entro questo termine si liberano risorse, la stessa viene automaticamente accolta; in caso contrario, va presentata un’ulteriore istanza per mantenere valida la prenotazione.
E’ dunque fondamentale valutare che – se il giovane da assumere riveste le caratteristiche sopra riportate – prima di procedere alla sua assunzione sia verificata la sua iscrizione al Programma Garanzia Giovani.
Inoltre, è bene evidenziare che poiché – come si è detto – l’agevolazione è legata alla disponibilità delle risorse stanziate, il potenziale lavoratore da assumere non dà certezza di rappresentare una diminuzione del costo del lavoro; con questa finalità è infatti prevista la procedura di prenotazione dei fondi che è dunque opportuno sia effettuata prima di attivare l’assunzione del lavoratore, al fine di avere la garanzia di ammissione al contributo in questione. Attenzione dunque alla stipula di contratti di impegno all’assunzione, se la stessa è effettuata con la specifica finalità di poter beneficare anche dell’agevolazione contributiva. In caso contrario invece, cioè quando l’assunzione verrebbe comunque attivata indipendentemente dalla concessione o meno dell’incentivo, la prenotazione dei fondi può comunque essere effettuata anche ad avvenuta assunzione.

Lo Studio, come di consueto, è a disposizione del Cliente per eventuali chiarimenti in merito.

PERMESSI PER FUNZIONI ELETTORALI: COSI’ IL TRATTAMENTO IN BUSTA PAGA

Il prossimo 4 marzo alcuni lavoratori potranno assentarsi dal lavoro per adempiere a funzioni elettorali in occasione delle elezioni dei membri della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
La gestione di tali assenze è disciplinata dall’articolo 119 del Dpr 361/1957 e dall’articolo 1 della legge 69/1992, che testualmente recitano:
Art. 119 – DPR 361/1957, come modificato dall’art. 11 della legge 53/1990:
comma 1. In occasione di tutte le consultazioni elettorali disciplinate da leggi della Repubblica o delle regioni, coloro che adempiono funzioni presso gli uffici elettorali, ivi compresi i rappresentanti di lista o di gruppo di candidati, nonché, in occasione di referendum, i rappresentanti dei partiti o gruppi politici e dei promotori del referendum, hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per tutto il periodo corrispondente alla durata delle relative operazioni.
comma 2. I giorni di assenza dal lavoro compresi nel periodo di cui al comma 1 sono considerati, a tutti gli effetti, giorni di attività lavorativa.
Art. 1 – Legge 69/1992
Il comma 2 dell’articolo 119 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, come
sostituito dall’articolo 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53, va inteso nel senso che i lavoratori di cui al comma 1 dello stesso articolo 119 hanno diritto al pagamento di specifiche quote
retributive, in aggiunta alla ordinaria retribuzione mensile, ovvero a riposi compensativi, per i giorni festivi o non lavorativi eventualmente compresi nel periodo di svolgimento delle operazioni
elettorali.
Nella fattispecie in analisi, e cioè nelle operazioni di voto di domenica 4 marzo, va considerato che:
– i seggi saranno predisposti a partire dalle ore 16.00 di sabato 3 marzo, con convocazione di tutti i componenti del seggio,
– le operazioni di voto di svolgeranno dalle ore 07.00 alle ore 23.00 di domenica 4 marzo,
– le operazioni di scrutinio inizieranno subito dopo la chiusura del seggio e dovranno terminare entro le ore 14.00 di lunedì 5 marzo.
Ciò significa, che il lavoratore sarà coinvolto nelle operazioni elettorali nelle giornate di sabato, domenica e lunedì.
In relazione a quanto previsto dalla vigente disciplina in materia dunque, il trattamento retributivo di queste assenze comporta quanto segue:
per tutte le giornate lavorative, va garantita al lavoratore la normale retribuzione, nonostante l’assenza dal lavoro; per i giorni festivi ed i giorni non lavorativi invece (sabato nel caso di settimana c.d. corta), va garantita al lavoratore la fruizione di riposi giornalieri compensativi ovvero il pagamento della retribuzione giornaliera nella misura di 1/26 della retribuzione mensile (o in base al diverso divisore giornaliero previsto dal CCNL di settore).
In sintesi pertanto, se il lavoratore è impegnato in orario di lavoro su settimana corta – con attività lavorativa da lunedì al venerdì – la presenza al seggio nella giornata di sabato comporta il pagamento di una quota giornaliera in più, rispetto alla normale retribuzione ovvero di una giornata di riposo compensativo. Se invece il sabato è considerata giornata lavorativa, poiché l’attività lavorativa è esercitata su sei giorni settimanali, dal lunedì al sabato, la giornata del sabato è retribuita, ancorché non lavorata.
Un discorso a parte va fatto per i dipendenti a cui è applicato il CCNL del terziario, della distribuzione e dei servizi (CCNL commercio), poichè la norma contrattuale prevede che il sabato in caso di settimana corta, sia considerato giornata lavorativa a zero ore; in questa ipotesi dunque, l’attività prestata al seggio nella giornata di sabato non comporta la corresponsione di una quota retributiva aggiuntiva in caso di settimana corta, poiché la retribuzione del dipendente è già quantificata in 26esimi, con la stessa logica con cui è quantificata quella del lavoratore impiegato su settimana lunga.
Identica logica – indipendentemente dall’applicazione del CCNL – va utilizzata invece per la gestione della domenica intesa come giornata festiva; in questa ipotesi, la giornata di domenica genera una quota della retribuzione giornaliera aggiuntiva ovvero, in sostituzione, una giornata di riposo compensativo.
In estrema sintesi dunque:
Giornata al seggio
– Sabato lavorativo: retribuzione come se avesse lavorato
– Sabato non lavorativo: retribuzione aggiuntiva con 1 quota giornaliera, o riposo compensativo
– Sabato in CCNL con giornata lavorativa a zero ore (esempio CCNL commercio): poiché lavorativa a zero ore, nessun trattamento aggiuntivo
– Domenica: retribuzione aggiuntiva con 1 quota giornaliera, o riposo compensativo
– Lunedì: retribuzione come se avesse lavorato
E’ infine opportuno precisare, che la norma nulla dispone circa la scelta alternativa tra quote retributive aggiuntive o godimento di giornate di riposo compensativo. Pertanto, laddove le parti si accordino sul godimento del riposo compensativo, si ritiene che lo stesso debba essere fruito nelle giornate immediatamente successive a quelle impiegate nelle operazioni elettorali.

RIVALUTAZIONE TFR: DEFINITO IL COEFFICIENTE DI GENNAIO 2018

L’ISTAT ha reso noto l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi per il mese di gennaio 2018.
Tale indice è risultato pari a 101,5; fa riferimento ai consumi dell’insieme delle famiglie che fanno capo ad operai ed impiegati (senza tabacchi lavorati) ed è utilizzato per l’adeguamento del trattamento di fine rapporto ma anche per la rivalutazione dei crediti di lavoro.
Alla luce di quanto sopra esposto, il coefficiente da applicare per gennaio 2018 pari a 0,421736, deve essere utilizzato per rivalutare il TFR accantonato al 31 dicembre 2017 dei lavoratori che cessano il proprio rapporto di lavoro nel periodo 15 gennaio 2018 – 14 febbraio 2018.
Pertanto, come si è detto, la rivalutazione
1. interessa esclusivamente il trattamento di fine rapporto accantonato al 31 dicembre dell’anno precedente e nessuna rivalutazione deve essere riconosciuta sulle quote di TFR maturate nell’anno corrente;
2. va determinata anche sulle quote versate al Fondo di Tesoreria gestito dall’INPS in caso di aziende con più di 50 addetti e di lavoratori che hanno optato per il mantenimento del TFR secondo il regime di cui all’articolo 2120 del Codice Civile;
3. non deve essere effettuata sulle quote di TFR destinate alla previdenza complementare.

VIDEOSORVEGLIANZA: LA POSIZIONE DELL’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO

Con circolare n. 5 del 19 febbraio 2018, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito ulteriori istruzioni in materia di installazione ed uso dei dispositivi di controllo dei lavoratori a distanza.
Viene precisato che all’atto del rilascio dell’autorizzazione all’installazione degli impianti di sorveglianza, la valutazione è concentrata sulla effettiva sussistenza delle ragioni che legittimano l’adozione del provvedimento, con particolare riferimento alle ragioni organizzative e produttive, a quelle di sicurezza sul lavoro ed a quelle di tutela del patrimonio aziendale. Per quanto invece riguarda l’adozione di sistemi biometrici basati sull’elaborazione dell’impronta digitale o della topografia della mano, l’Ispettorato in linea con le pronunce del Garante della privacy, conferma che può essere consentita per limitare l’accesso ad aree e locali in cui è necessario assicurare elevati e specifici livelli di sicurezza, ma anche per consentire l’utilizzo ai soli soggetti qualificati, di apparati e macchinari pericolosi. Conseguentemente, in queste fattispecie, cioè quando il riconoscimento biometrico è utilizzato per rendere la prestazione lavorativa, non è necessario provvedere alla richiesta di un provvedimento di autorizzazione ovvero all’accordo con le RSA.

LAVORATORI SVANTAGGIATI: LA DEFINIZIONE AGGIORNATA

Con decreto 17 ottobre 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 8 febbraio, il Ministero del Lavoro ha formulato la nuova definizione di lavoratore svantaggiato, con evidenti impatti sulle norme in materia di agevolazioni contributive, ma anche su quelle che determinano le modalità di calcolo dell’organico in forza.
La norma, che ha dunque ritoccato le precedenti caratteristiche da attribuire ai c.d. soggetti svantaggiati, ha di fratto recepito con maggiore evidenza la disciplina contenuta nel regolamento UE 651/214.
Pertanto, in estrema sintesi, sono considerati lavoratori svantaggiati i seguenti soggetti:
– disoccupato, intendendo per tale chi negli ultimi sei mesi non ha svolto lavoro subordinato in forza di un contratto della durata di almeno sei mesi, ovvero chi ha svolto attività di lavoro autonomo o parasubordinato con reddito non soggetto ad imposizione fiscale,
– giovane, intendendo per tale chi ha un’età compresa tra i 15 ed i 24 anni,
– non diplomato, intendendo per tale chi non è in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore, o una qualifica, o un diploma di istruzione professionale,
– chi ha compiuto 50 anni di età,
– chi ha compiuto 25 anni di età ed ha almeno un familiare a carico secondo il criterio fiscale,
– chi è occupato in settori che presentano un tasso di disparità uomo/donna che supera di almeno il 25% la disparità media individuata annualmente con decreto,
– chi appartiene a minoranze linguistiche.
Sono invece considerati lavoratori molto svantaggiati, i soggetti privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, ovvero chi appartiene ad una delle categoria sopra individuate ed è privo di un impiego regolarmente retribuito da almeno 12 mesi.

ASSUNZIONI AGEVOLATE 2018: IN ARRIVO LA CIRCOLARE INPS

L’agevolazione contributiva riservata all’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori under 35, sarà oggetto di una circolare interpretativa INPS, in uscita nei prossimi giorni.
L’Istituto fornirà dunque le note operative per la concreta applicazione dello sgravio, con particolare riferimento alla “portabilità” dello stesso, intendendo per tale la possibilità di trasferire il beneficio residuo da un’azienda ad un’altra, in ipotesi di assunzione di soggetto già agevolato. Lo sgravio competerà ovviamente nel limite temporale massimo ammesso, dedotti i periodi già utilizzati dai precedenti datori di lavoro. Inoltre, al fine di evitare la concessione di agevolazioni indebite per mancanza dei requisiti del lavoratore, l’Istituto dovrebbe predisporre una sorta di banca dati in grado di ricostruire, attraverso il codice fiscale del lavoratore assunto, la presenza di precedenti rapporti a tempo indeterminato che invaliderebbero – se presenti – l’attribuzione dello sgravio in questione.

Apprendistato e distacco compatibili

L’’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con il parere del 12 gennaio 2018, ha chiarito che apprendistato e distacco possono essere compatibili. Ciò a condizione che risultino soddisfatti tutti i requisiti previsti dalla legge con particolare attenzione alla liceità del distacco e alla natura formativa del contratto di apprendistato. Su questo aspetto la nota in commento puntualizza il ruolo che il tutor deve avere durante lo svolgimento del distacco e i riflessi sulla formazione interna ed esterna dell’apprendista.