Decreto “Dignità”:gli Ultimi Ritocchi

Come si è visto, il testo del decreto avente ad oggetto “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” prevede l’introduzione di evidenti limitazioni all’attuale disciplina in materia di contratti a tempo determinato; tuttavia, in queste ultime ore sono state apportate alcune modifiche, rispetto a quanto inserito nell’ultima bozza di provvedimento, precedentemente commentata. Si riepilogano dunque di seguito gli aspetti principali riportati nella versione del testo, che dovrebbe essere ora considerato definitivo e che si presume sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale a breve, dunque nei prossimi giorni. Rispetto all’attuale disciplina, la nuova norma – riduce da 36 mesi a 24 mesi la durata massima di un rapporto a tempo determinato, – permette l’assenza di una motivazione per la stipula di un nuovo contratto a termine, solo per una durata massima di 12 mesi, – prevede delle ipotesi specifiche e tassative in caso di contratti con durata superiore a 12 mesi, fino ad un massimo – come si è detto – di 24 mesi; il limite è raggiunto anche con proroghe o rinnovi di un contratto inizialmente previsto per una durata inferiore a 12 mesi; – introduce un contributo a carico azienda di 0,50% da aggiungere all’attuale contributo dovuto per questa tipologia di assunzioni, (fissato ad oggi nella misura di 1,40%), con un contributo totale dunque a carico azienda pari a 1,90%; – estende da 120 giorni a 180 giorni , il termine per procedere all’impugnazione di un contratto a termine. Trattandosi di novità di grande impatto – poiché introduce requisiti per la stipula di un contratto a termine estremamente limitativi rispetto all’attuale gestione di questa formula contrattuale – posto che il rapporto a tempo determinato rappresenta oggi una delle forme di flessibilità maggiormente utilizzate dai datori di lavoro per introdurre nuove risorse nelle proprie organizzazioni, si invitano i Signori Clienti a voler contattare lo Studio con cortese urgenza, in ipotesi di necessità imminenti di proroghe o di assunzioni di lavoratori a tempo determinato. Le nuove disposizioni trovano applicazione – ai contratti di lavoro a tempo determinato di nuova sottoscrizione, – ma anche nei casi di nuovo rinnovo di contratti a termine in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, (cioè dal giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).
Attenzione, preme ribadire che tutto quanto sopra esposto alla data odierna non produce alcuna efficacia.
Si fa riserva di ulteriori istruzioni non appena la norma entrerà in vigore.

DECRETO “DIGNITA’”: LIMITI AL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO E AUMENTO DELLE INDENNITA’ RISARCITORIE IN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO

Il testo del decreto avente ad oggetto “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” prevede significative modifiche, mirate a porre evidenti limitazioni all’attuale disciplina in materia di contratti a tempo determinato, tanto che il Titolo I del provvedimento è infatti rubricato “Misure per il contrasto al precariato”. Per valutare con attenzione le modifiche apportate, è necessario che il testo sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale; tuttavia, proprio perché l’impatto di tali novità incide in modo importante in termini di gestione ed organizzazione delle risorse da impiegare da parte delle aziende che utilizzano tale strumento, si ritiene opportuno anticiparne il contenuto èer poterne prevedere gli effetti. L’intervento, come si è detto, è indubbiamente mirato a ridurre l’utilizzo del contratto a termine, posto che da una prima lettura della bozza di decreto – che pare però essere stata già approvata ieri dal Consiglio dei Ministri – la durata di un contratto a tempo determinato acausale (quindi stipulato senza una specifica motivazione, come oggi sempre accade), si riduce da 36 mesi a soli 12 mesi. La durata massima invece, non potrà più essere pari a 36 mesi, ma solo a 24 mesi. Il rinnovo di un contratto che eccede dunque i 12 mesi, è però soggetto ad uno di questi vincoli, che si rivelano decisamente di grande impatto operativo:
– presenza di esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro; – esigenze sostitutive; – attività stagionali e picchi di attività; – esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
In buona sostanza, pare che l’attuale norma ritorni alle vecchie regole già previste dalla legge 230/1962, norma che – si ricorda – era estremamente rigida in materia di possibilità di stipula di contratti a termine; successivamente era stata sostituita dalla più snella ed efficace attuale disciplina, con un passaggio intermedio contenuto nell’allora decreto Fornero. Va altresì evidenziato che il rinnovo di un contratto a termine, oltre a comportare il contributo aggiuntivo già in vigore per un normale contratto di questa natura pari ad 1,40%, prevede altresì un’ulteriore contribuzione pari a 0,50%, elevando l’onere complessivo aggiuntivo all’1,90%. Le nuove disposizioni trovano applicazione – ai contratti di lavoro a tempo determinato di nuova sottoscrizione, – ma anche nei casi di nuovo rinnovo di contratti a termine in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, (cioè dal giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).
Per quanto riguarda invece le indennità risarcitorie legate ad un licenzimento rivelatosi poi illegittimo, lo stesso decreto ne innalza l’entità massima da 24 a 36 mensilità, aggravandone dunque ulteriormente gli effetti negativi in capo al datore di lavoro.
Attenzione, preme ribadire che tutto quanto sopra esposto è oggetto di valutazione di un provvedimento in itinere, che alla data odierna non produce alcuna efficacia.
Si fa riserva di ulteriori istruzioni non appena la norma entrerà in vigore.

STOP AI PAGAMENTI IN CONTANTI DELLA RETRIBUZIONE

Pare opportuno ricordare che, in conformità a quanto previsto dall’articolo 1, commi da 910 a 914 della legge 206/2017 (legge di Bilancio 2018), a partire dal prossimo 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti non possono più corrispondere retribuzioni e compensi a lavoratori dipendenti o cococo – compresi eventuali anticipazioni ed acconti – senza che sia possibile tracciare il denaro erogato.
Ciò significa che le somme devono essere corrisposte solo con:
– bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; – strumenti di pagamento elettronico; – pagamento in contanti presso uno sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; – consegna di un assegno direttamente al lavoratore, o in caso di suo dimostrato impedimento, ad un suo delegato.
Sono esclusi dalla disciplina i datori di lavoro domestico e la Pubblica Amministrazione.
Attenzione: la violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa da 1.000,00 a 5.000,00 euro e va considerato a questo proposito, che la firma apposta sulla busta paga non costituisce la prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione, ovvero di suoi acconti.
L’attestazione di saldo di quanto dovuto al lavoratore ovvero al cococo, deve dunque essere provata solo ed esclusivamente da documenti prodotti con una delle modalità di pagamento sopra indicate.

TIROCINI EXTRACURRICULARI ED ATTIVITA’ ISPETTIVA

Con circolare n. 8/2018 l’’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito importanti istruzioni operative al personale ispettivo, in merito alla valutazione dei tirocini formativi e di orientamento; sono quindi oggetto del programma di intervento unicamente i tirocini c.d. extracurriculari (cioè quelli diversi dai tirocini legati ai percorsi scolastici, da quelli legati a periodi di praticantato gestito da ordini professionali, dai i tirocini transnazionali ovvero da quelli rivolti ai soggetti non comunitari, promossi all’’interno delle quote di ingresso).
L’’attività di vigilanza sarà finalizzata a verificare la genuinità di questi rapporti formativi, valutando dunque le modalità di svolgimento del tirocinio per poter confermare che si tratta di attività funzionale all’’apprendimento e non alla mera esecuzione di un’’attività lavorativa.
Gli elementi che possono essere oggetto di violazione riguardano tirocini formativi che presentano essenzialmente questi aspetti:
– attività lavorative a basso con contenuto professionale, che si sostanziano in azioni ripetitive e del tutto elementari,
– tirocinanti che non rientrano nelle specifiche ipotesi previsti dalle norme regionali (o provinciali per le province autonome di Trento e Bolzano),
– periodi di durata inferiore a quella minima prevista,
– soggetti promotori che non possiedono i requisiti di legge, ovvero mancanza di specifica convenzione,
– assenza del piano formativo,
– attivazione di percorso per sopperire ad esigenze organizzative del soggetto ospitante,
– tirocinio attivato con ex dipendente o cococo, con rapporto conclusosi negli ultimi due anni, ovvero con soggetto che abbia già avuto precedenti rapporti di tirocinio,
– mancato rispetto delle limitazioni numeriche,
– impiego del tirocinante in modo continuo e sistematico, per orari eccedenti rispetto a quelli previsti nel piano formativo,
– mancato rispetto del piano formativo e corresponsione sistematica di ulteriori somme di denaro, rispetto a quanto previsto nel piano formativo.
Questi dunque, gli elementi che in modo prioritario saranno oggetto di valutazione, per escludere la natura di rapporto di lavoro subordinato, in presenza di un percorso di tirocinio.
Per quanto riguarda l’’apparato sanzionatorio attivato in caso di riscontrate irregolarità, si prevede l’’intimazione alla cessazione del tirocinio, l’’interdizione per il soggetto promotore e ospitante ad attivarne altri nei successivi 12/18 mesi, a cui saranno aggiunte le sanzioni amministrative legate alle diverse violazioni riscontrate.